ricordando

Pubblicato il da tertiumnondatur

PER PAOLO RADICIOTTI
Paolo Radiciotti
(2/10/1961 - 12/04/2012)

Caro Paolo,
a volte la vita ci costringe a fare delle cose che mai ci saremmo augurati di
dover fare; scriverti queste parole è per me una di quelle cose. La certezza che
quella comunione di spirito e di intelletto che ci legava non si è interrotta con
la Tua prematura scomparsa mi rende appena più lieve il peso di questo mio
scrivere.
Ci siamo conosciuti, ricordi?, più di quindici anni fa, attraverso una Tua telefonata,
in cui mi chiedevi di pubblicare nella rivista «Papyrologica Lupiensia
» un articolo tratto dalla Tua tesi di dottorato, articolo che un’altra rivista,
poco lungimirante, con una sciocca motivazione aveva rifiutato di pubblicare.
Fui ben lieto di accogliere quel Tuo articolo, come sono stato sempre ben lieto
di pubblicare tutti gli altri lavori che nel corso di questi anni, intensi e troppo
brevi per Te e per me, mi hai proposto. Il rifiuto che Ti aveva opposto quella
sciocca rivista non fu l’unico: ad esso seguirono altri, spesso dettati dalla invida
grettezza di certi settori accademici, incapaci o restii a comprendere appieno
le coraggiose aperture metodologiche e le novità dei Tuoi scritti. Niente Ti
amareggiava più di quei rifiuti e, al tempo stesso, niente Ti spronava ad andare
avanti più di quei rifiuti. L’avere accolto da parte mia quel Tuo primo articolo
segnò l’inizio di un grande legame umano e professionale tra noi due.
Ti sarò sempre grato, caro Paolo, della Tua generosa disponibilità: qualsiasi
lavoro Ti proponessi, facevi l’impossibile per consegnarmelo, e consegnarmelo
anche nei tempi richiesti. Fosti ben lieto di accettare di curare la fortunata ed
innovativa rubrica Palaeographia Papyrologica che Ti proposi di tenere per
«Papyrologica Lupiensia».
So che questa rubrica costituisce un punto di riferimento per quanti variamente
coltivano gli studi papirologici guardando al di là del mero dato testuale
e questo è merito Tuo; certamente la Tua allieva Serena Ammirati, che già negli
ultimi numeri firmava la rassegna insieme con Te e alla quale hai affidato il
compito di continuarla, seguiterà a curarla pregevolmente, nel segno da Te
tracciato.
Fosti ben lieto di accettare il mio invito a tenere le lezioni di paleografia
greca e latina alla nostra Scuola di Papirologia, che il nostro Centro di Studi
Papirologici organizza ogni due anni. Tenevi moltissimo a quell’appuntamento
M. Capasso
estivo e facevi di tutto per non mancare, spesso districandoti a fatica tra gli impegni
universitari, che pure per Te venivano prima di ogni altra cosa.
Se dovessi indicare l’aspetto principale della Tua personalità suggerirei il
senso del dovere, che insieme con una ferrea etica del lavoro faceva di Te un
professore ed uno studioso esemplari. Ricordo, a questo a proposito, la lacerante
incertezza in cui Ti dibattevi quando vincesti il concorso per professore
associato: l’idea di abbandonare, per dir così, al loro destino i Tuoi allievi del
Liceo Ti faceva star male.
Fosti Tu, ricordi Paolo?, a suggerirmi di cercare il papiro, smarrito, di Qaṣr
Ibrîm con i versi di Cornelio Gallo, offrendomi, indirettamente, la possibilità
di vivere una straordinaria avventura umana e professionale. Ricordo la Tua
gioia quando, telefonandoti dall’Egitto, Ti comunicai la notizia del ritrovamento.
Quella del papiro di Cornelio Gallo fu solo una delle tante iniziative
concepite e realizzate insieme; molte altre ne avevamo programmate, che purtroppo
non ci sarà dato modo di realizzare.
Quello che più mi mancherà saranno le nostre conversazioni telefoniche
serali, nel corso delle quali, ricordi?, facevamo il punto della situazione, non
mancando di abbandonarci ad ironiche considerazioni su quanti discettavano
a sproposito sulla reale essenza della paleografia. L’individuazione dell’àmbito
e dei limiti dell’indagine paleografica è sempre stato un problema a Te molto
a cuore e che spesso Ti vedeva dolorosamente scettico. Ricordo ancóra la Tua
amara perplessità che le sedute al XXVI Congresso Internazionale di Papirologia,
svoltosi a Ginevra nell’estate del 2010, erano state assurdamente intitolate
“Layout dei Papiri”. Ma quella non fu l’unica scelta poco spiegabile e poco
felice degli organizzatori del Congresso, uno dei più brutti degli ultimi decenni.
Lo scetticismo con cui seguivi lo sviluppo, non solo in Italia, della ricerca paleografica,
Ti indusse a chiederti nel Tuo ultimo intervento ad un incontro
scientifico (il Seminario paleografico organizzato il 2 aprile 2012 da Arianna
D’Ottone all’Università di Roma “La Sapienza”), intervento letto dalla stessa
D’Ottone, se ancóra si potesse parlare dell’esistenza di una paleografia.
Mi comunicasti, ricordi?, il male che Ti aveva proditoriamente assalito,
qualche mese fa, nel corso di un nostro incontro a Roma. Portavi nel vólto, e
non solo nel vólto, i segni della malattia: mi dicesti che avevi preferito dirmi
della cosa di persona. Rimasi come stordito da quella atroce rivelazione; paradossalmente
fosti Tu a consolare me: ancóra mi commuove il ricordo di quella
lucidità straordinariamente calma fino al disincanto con cui mi parlasti della
Tua fine che consideravi imminente: la Tua pena non era per Te, ma per il destino
degli allievi che lasciavi. Quello fu il nostro penultimo incontro. L’ultimo
risale a poche settimane fa e si svolse anche in questo caso a Roma, in una livida
e fredda mattinata di fine inverno. Il male aveva ulteriormente devastato
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Per Paolo Radiciotti
il Tuo fisico: Ti vidi stremato e Ti chiesi se non fosse il caso di interrompere
le lezioni che ostinatamente, stoicamente, ammirevolmente non avevi voluto
interrompere. Per tutta risposta, ricordi Paolo?, allargasti le braccia dicendomi:
«Cosa altro posso fare?». Abbracciandoti per salutarti respinsi la penosa sensazione
che quella era l’ultima volta che Ti vedevo: speravo ancóra in un miracolo,
un miracolo che non c’è stato.
Successivamente, pochi giorni prima della domenica di Pasqua, ricevetti
una Tua telefonata: mi chiedesti, parlando a fatica, di richiamarti. Lo feci; mi
dicesti che avevi ormai perso la sensibilità degli arti superiori ed inferiori e volevi
darmi l’ultimo saluto. Fu estremamente difficile non farmi assalire dalla
commozione ed ebbi solo la forza di dirti che la nostra era stata una grande
amicizia e che insieme avevamo fatto delle cose importanti: fosti d’accordo e
mi chiedesti di continuare a farne anche per Te. Un ultimo, estremo conforto
fu per Te la mia assicurazione che avrei seguìto i Tuoi allievi, che da quel momento
diventavano, idealmente, un po’ anche miei.
Caro Paolo, sei stato un esempio di signorilità e di onestà intellettuale ammirevoli:
un esempio di come si possa mai scendere a compromessi in un
mondo difficile quale è quello accademico, un esempio di come si possa camminare
nel fango senza sporcarsi i calzari. Hai mostrato come si possa vivere
(e morire) con limpida dignità.
Grazie per questo e per tutte le altre cose che ci hai date. Grazie e arrivederci.
Nel frattempo Ti sia lieve il sepolcro.
Mario Capasso

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